Tre appuntamenti per riflettere sul nostro quotidiano rapporto con le leggi, con le istituzioni, con gli altri cittadini. Nel mese di maggio, nelle Circoscrizioni 2, 4 e 6 della città, Biennale Democrazia apre ai cittadini uno spazio pubblico di discussione, un progetto in tre tappe realizzato in collaborazione con l’Associazione Culturale La Bonaventura, con il coinvolgimento attivo delle associazioni del territorio.
Grazie al contributo di ospiti autorevoli e al ritmo del linguaggio teatrale, i temi della legalità, della corruzione e della fiducia diventano oggetto di una riflessione aperta al contributo di tutti.
Narrazioni, analisi, fatti di cronaca, testimonianze sono l’occasione per confrontare punti di vista, considerazioni sul quotidiano, interpretazioni differenti.
E magari scoprire che dalle nostre fragilità individuali può nascere una nuova forza comune.
mercoledì 16 maggio, ore 18.00 – Cascina Marchesa, corso Vercelli 141/7
giovedì 17 maggio, ore 18.00 – BellARTE, via Bellardi 116
venerdì 18 maggio, ore 18.00 – Cascina Roccafranca, via Rubino 45
I biglietti dovranno essere ritirati entro un’ora prima dell’inizio degli incontri.
Per prenotazioni e informazioni:
Luca Bossi luca.bossi@acmos.net, 3348913708
Elisa Ferrero elisa.ferrero@acmos.net, 3478445733
Cinzia Blasi cinzia.blasi@acmos.net, 3391509539
]]>Il suo posto accanto al forno è stato preso da un egiziano, che farà gli straordinari per mantenere agli studi il figlio nella speranza che non diventi un pizzaiolo. Perché, al di là degli orari infelici, il problema di certi mestieri resta la loro scarsa considerazione sociale. È una delle follie di questo capitalismo finanziario, per fortuna malato terminale: il disprezzo per i lavori che producono beni materiali e richiedono uno sforzo fisico diverso dal tirare calci a un pallone. Un impiegato di Borsa è considerato più «giusto» di un falegname. E non solo dai ragazzi. Anche dai genitori, che si vergognano di mandare i figli alle scuole professionali.
Ora, mi spiegate perché uno che passa otto ore davanti al computer, a fare nemmeno lui sa cosa, dovrebbe sentirsi più elevato socialmente di un altro dalle cui mani escono cose tangibili: un vestito, una scarpa, una pagnotta? Si può fare il barbiere e leggere Umberto Eco, come lavorare in uno studio legale e rimanere un caprone. Si può anche leggere Umberto Eco e rimanere un caprone, ma questo è ancora un altro discorso.
Massimo Gramellini. Da La Stampa del 03/09/2011.
]]>ROMA – Precari e poco pagati. In Italia, il 27,9% dei giovani tra i 15 e i 24 anni è disoccupato e il 46,7% di chi invece lavora ha un impiego temporaneo. La fotografia dello stato di precarietà occupazionale del nostro Paese arriva dall’Ocse che, nel suo Employment Outlook, basato su dati di fine 2010, mette in chiaro quanto sia difficile per un giovane italiano trovare occupazione o stabilità contrattuale.
Una fotografia allarmante che il presidente Giorgio Napolitano, in visita a Bucarest, ha scelto di commentare con un messaggio di incoraggiamento: “La tendenza negativa è un dato già acquisito da lungo tempo. Non facciamoci atterrire da questi dati e problemi negativi. Dobbiamo affrontarli con consapevolezza e lucidità in un contesto europeo”, ha detto il capo dello Stato. “L’Europa – ha aggiunto – può fare molto per sostenere lo sviluppo e risanare le situazioni più squilibrate”. Poi, però, il presidente ha indirizzato un richiamo alla politica italiana: “Come fare, dopo due manovre in tre mesi, per stabilizzare la finanza pubblica e rilanciare la crescita non tocca a me dirlo, deve deciderlo il governo e il parlamento”.
Proprio oggi la Bce ha parlato di crescita molto moderata nell’area euro. E la commissione europea ha tagliato le sue stime sulla crescita del prodotto interno lordo italiano a +0,7% nel 2011 rispetto al +1% ipotizzato nelle previsioni di primavera. Già nei giorni scorsi, parlando da Palermo, Napolitano aveva definito la crescita un “tema drammatico”.
I giovani e i lavoro – Il 46,7% dei giovani ha dunque un contratto precario e questa percentuale è cresciuta di 9 punti dall’inizio della crisi, nel 2007. In quei giorni la disoccupazione giovanile era al 20,3%: oggi è al 27,9%, ben superiore alla media ponderata dell’area Ocse (16,7%). Il tasso di disoccupazione giovanile, riporta ancora lo studio Ocse, è più alto tra le donne, 29,4%, che tra gli uomini, 26,8%. Ed entrambi i dati sono superiori alla media dei 34 Paesi membri dell’organizzazione, rispettivamente del 15,7% e del 17,6%.
Secondo l’Ocse, “il mercato del lavoro italiano sta diventando più segmentato, con lavoratori in età matura in impieghi stabili e protetti e molti giovani senz’altro sbocco immediato che posti più precari”.
Salario – Notizie poco liete il rapporto Ocse segnala anche sul piano delle retribuzioni. Il salario medio in Italia nel 2010 è stato di 36.773 dollari (a tasso di cambio corrente), contro una media dell’Ue a 21 di 41.100 dollari e dell’Eurozona a 15 di 44.904 dollari. Il salario medio italiano è superiore a quelli di Spagna (35.031), Grecia (29.058) e Portogallo (22.003), ma inferiore a Francia (46.365 dollari), Germania (43.352) e Gran Bretagna (47.645).
Disoccupazione lunga. Continua a crescere nell’area Ocse il tasso di disoccupazione di lungo termine. Nei 34 Paesi membri, a fine 2010, il 48,5% dei disoccupati era senza lavoro da almeno 6 mesi (contro il 41% dell’anno precedente) e il 32,4% da almeno 12 mesi, contro il 24,2% del 2009. Per quanto riguarda l’Italia, i disoccupati senza lavoro da 6 mesi o più sono il 64,5% (in aumento di 3 punti percentuali rispetto al 2009) e quelli senza lavoro da un anno o più il 48,5% (+4 punti percentuali rispetto al 2009). “Fasi prolungate di disoccupazione – sottolinea l’Ocse nel rapporto – sono particolarmente penalizzanti, perché aumentano il rischio di una marginalizzazione permanente dal mercato del lavoro, come risultato del deprezzamento delle abilità e della perdità di autostima e motivazione”.
Part time. In Italia il lavoratori part time sono donne per il 76,9%. Le lavoratrici part-time rappresentano il 31,1% del totale delle donne occupate, mostrano ancora i dati dell’organizzazione parigina, contro il 6,3% tra gli uomini. Il lavoro a tempo parziale (meno di 30 ore settimanali, secondo la definizione Ocse) rappresenta nel nostro Paese il 16,3% del totale dei posti di lavoro.
Ammortizzatori. In Italia il sistema fiscale e di welfare “gioca un ruolo minore nel proteggere le famiglie contro le conseguenze di grandi contrazioni del reddito da lavoro” rispetto ad altri Paesi dell’Organizzazione. Per gli italiani, spiega l’Ocse, “grandi riduzioni del reddito da lavoro individuale (per esempio in caso di perdita del posto di lavoro) tendono a tradursi in contrazioni del reddito disponibile familiare superiori a quelle osservate negli altri Paesi Ocse”, a causa “della limitata azione di assorbimento degli shock operata dagli ammortizzatori sociali”. Di conseguenza, conclude lo studio, “lo shock negativo sui redditi da lavoro subìto da non pochi italiani durante la crisi si è probabilmente tradotto in un aumento del rischio di povertà e di difficoltà finanziarie, anche se l’aumento massiccio di risorse per la cassa integrazione guadagni ha contribuito significativamente a limitare il numero di lavoratori affetti da tali shock”.
L’appello dell’Ocse. “Bisogna fare di più per migliorare in modo durevole la situazione del mercato del lavoro per i giovani” afferma l’Ocse, e per farlo servono riforme. Con l’arrivo della crisi, prosegue lo studio, la legislazione italiana “restrittiva” sui contratti da lavoro a tempo indeterminato da una parte “potrebbe aver aiutato il paese a contenere l’impatto della recessione sul mercato del lavoro”, ma dall’altra “nella fase attuale tale legislazione potrebbe scoraggiare le assunzioni, soprattutto con contratti permanenti, mettendo dunque a repentaglio la ripresa”. L’Ocse chiede dunque “un’ampia riforma dei contratti di lavoro” che “dovrebbe essere rivolta, in particolare, a ridurre l’incertezza rispetto alle conseguenze del quadro regolamentare sugli esiti delle procedure di licenziamento”.
(www.repubblica.it 15 settembre 2011)
]]>l 2012 si apre con un tasso di disoccupazione al 9,2%, in rialzo di 0,2 punti percentuali su dicembre e di un punto su base annua. Guardando alle serie storiche trimestrali è il più alto dal primo trimestre 2001 e, in generale, dal 2004.
E la situazione peggiora per chi ha un’età compresa tra i 15 e i 24 anni visto che il 31,1% non ha un lavoro. Dunque, quasi un giovane su tre. Una cifra in rialzo di 0,1 punti percentuali rispetto a dicembre 2011 e di 2,6 punti su base annua. I dati sono stati raccolti dall’Istat in base a stime provvisorie.
A gennaio il numero dei disoccupati, pari a 2 milioni e 312 mila, è aumentato del 2,8% rispetto a dicembre (64 mila unità) e riguarda sia uomini che donne. Su base annua si registra una crescita del 14,1% (286 mila unità). La disoccupazione maschile cresce del 2,6% rispetto al mese precedente e del 18,7% su base annua; il numero di donne disoccupate aumenta del 3,2% rispetto a dicembre 2011 e dell’8,9% in termini tendenziali. L’inattività diminuisce dello 0,4% in confronto al mese precedente, coinvolgendo sia la componente maschile (-0,7%), sia quella femminile (-0,3%). Rispetto a dodici mesi prima gli inattivi diminuiscono del 2,1%. In particolare, si riduce sia la componente maschile (-2,3%) sia quella femminile (-2%).
Gli inattivi tra i 15 e i 64 anni diminuiscono dello 0,4% (-63 mila unità) rispetto al mese precedente. Il tasso di inattività si posiziona al 37,3%, con una flessione di 0,1 punti percentuali in termini congiunturali e di 0,8 punti su base annua.
Lieve aumento del numero di occupati che a gennaio registra una variazione dello 0,1% (+18 mila unità) rispetto a dicembre 2011 e salgono a 22,935 milioni che corrisponde a un tasso di occupazione del 57,0%. Nel confronto con l’anno precedente l’occupazione segnala una variazione pari allo 0,2% (+40 mila unità). Dai dati Istat emerge quindi che, a fronte di una modesta crescita dell’occupazione si è verificato un sensibile aumento della disoccupazione, indice di una maggiore partecipazione al mercato del lavoro. Il risultato positivo interessa sia la componente maschile sia quella femminile.
]]>si rompono in Cascina Roccafranca
cerchiamo l’inizio di una festa
che non finisca mai,
cerchiamo accoglienza e
una finestra sul quartiere.
Fiducia, legalità e democrazia
ma non sul posto di lavoro,
ma non nelle famiglie,
anzi,
uno morto, e due salvi per miracolo
dopo una caduta da trenta morti,
proprio l’altro ieri a Torino,
morti sul lavoro, morti bianche
come se la morte non fosse sempre nera,
amore criminale, slogan televisivo
ha fatto fare ad Alfina un volo dal terzo piano
proprio qui, in via Dina, alla porta accanto,
da Juàrez a Mirafiori nord
un feminicidio planetario.
Oggi bisogna considerare
il dott. Befera
un eroe contemporaneo,
contro l’evasione fiscale
prima piaga sociale,
sento in radio
che gli operai
guadagnano più dei padroni,
viviamo in un mondo alla rovescia
e la cosa grida vendetta,
corruzione, nepotismo ed evasione fiscale
non c’è più giustizia sociale.
La democrazia è un trucco
tra maggioranza e minoranza,
è una questione d’elite,
se l’uno non è libero
non lo sono neanche i molti.
Democrazia
strada maestra
per l’indipendenza e l’autonomia
per l’autodeterminazione dei popoli,
democrazia
argine forte alla pornocrazia,
al servilismo della plutocrazia.
Vi racconto
la non-democrazia,
eravamo tre sorelle e
io l’ultima, forse
la non desiderata,
nella mia famiglia
mi sentivo abbandonata,
faccio la mia di famiglia,
mi sposo ma ancora
non c’è democrazia,
io accettavo,
subivo decisioni altrui,
madre divento
di due splendidi figli,
e peggiora la democrazia
sia come madre,
sia come donna,
sempre in subordinazione e
mi ribello,
grandi cazzate e
finisco paziente psichiatrica e
mi trovo senza famiglia,
senza star bene con me stessa
ecco la mia non-democrazia.
Senza regole
non c’è democrazia,
tra anarchia e tirania
c’è la psichiatria,
ho fatto il soldato
ho la patente
ho due qualifiche,
ma dicono che sono pazzo,
e i genitori della mia ragazza
mi pregiudicano,
dicono che sono pazzo e
non vado bene per lei,
questo mi fa star veramente male,
il pregiudizio e la mancanza di fiducia.
Non c’è democrazia
tra le mura domestiche
e neanche nel linguaggio,
tra le parole,
paziente psichiatrico e delirio
sono parole ormai antidemocratiche
nascondono e nutrono il pregiudizio,
bisogna spaccare le parole
o inventarne delle nuove,
non c’è democrazia
neanche dentro di me,
nella mia interiorità
abitata da maggioranze e minoranze,
c’è un io tirano
non c’è democrazia.
In teatro porto il suicidio
suicidio tra i giovani
tradimento totale della fiducia
un amico suicida
volevo trovare una risposta
ma ho trovato una favola,
fatta di gesti, oggetti e parole
c’è chi parte e c’è chi resta
e a quest’ultimi gli rimane una domanda
senza una possibile risposta.
Ma la democrazia,
sarà mica una malattia?
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